Il 2015 si apre con un passo indietro sui diritti delle persone costrette ad affrontare via mare i disperati viaggi verso le porte d’Europa.
Dal 1 gennaio, infatti, si è ufficialmente chiusa Mare Nostrum, operazione a scopo umanitario portata avanti dalla Marina militare italiana che ha soccorso e salvato più di 150.000 migranti tra uomini, donne e bambini operando fino a 172 miglia dalle coste italiane con un investimento di 9,5 milioni di euro al mese.
Malgrado il nostro auspicio, condiviso da molte agenzie umanitarie tra cui l’UNHCR, fosse quello che Mare Nostrum diventasse un’operazione europea in grado di portare avanti un intervento più efficace di salvataggio dei migranti forzati, l’Europa ha deciso di sostituirla con Triton, la nuova operazione coordinata dall’Agenzia europea per il controllo delle frontiere, Frontex. Il 31 dicembre è terminata la fase di “passaggio di consegne” in cui la Marina ha affiancato Triton, mettendo a disposizione uomini e mezzi per assicurare gli stessi interventi di Mare Nostrum (vedi comunicato stampa in cui la Marina annuncia la fine delle operazioni di Sorveglianza e Sicurezza Marittima attivati successivamente all’operazione Mare Nostrum).
Triton: operazione troppo piccola
Ewa Moncure, portavoce di Frontex, durante il convegno “La gestione dei flussi migratori verso l’Europa” organizzato a Milano il 18 dicembre scorso da Amnesty International, ha chiarito che Triton non vuole e non può sostituire Mare Nostrum. I pochi mezzi di Frontex si spingeranno solo nelle acque nazionali, ovvero entro le 30 miglia e solo se obbligati dal diritto internazionale di mare si spingeranno oltre, con il rischio di arrivare troppo tardi. Per questa operazione dell’Agenzia europea dal costo di circa 3 milioni di euro mensili, la priorità non è il salvataggio delle vite umane ma la salvaguardia dei confini. Le parole di Ewa Moncure al convegno sono piuttosto significative: “siamo una missione molto più piccola, abbiamo navi, soldi e il mandato assegnatoci solo per il controllo delle frontiere, non per compiti umanitari. Non esiste un’agenzia europea per il salvataggio in mare, questa è una responsabilità delle singole nazioni”. La stessa Frontex è stata definita dalla sua portavoce una “agenzia poco umana”.
Mare Nostrum non rappresenta un “pull factor”
L’accusa rivolta a Mare Nostrum di essere un “pull factor” della migrazione, cioè un fattore di attrazione per i migranti che attraversano il Mediterraneo, è una tesi del tutto infondata; piuttosto dovremmo riflettere sulle cause che spingono i migranti a lasciare i propri paesi, come la guerra in Siria e in Afghanistan, l’instabilità politica in Mali o la dittatura in Eritrea. Lo conferma anche il capo di Stato maggiore della Marina Militare De Giorgi che durante la Commissione Diritti Umani del Senato ha definito l’ipotesi che Mare Nostrum abbia attirato i profughi “una sciocchezza” e ancora “basta mettere a confronto gli arrivi del novembre 2013, sotto Mare Nostrum, e novembre 2014, senza Mare Nostrum. Con la fine della missione, anziché crollare, gli arrivi sono aumentati del +485% rispetto l’anno prima”, ha concluso De Giorgi.
Navi cargo: nuove carrette del mare
Il 2015 si è aperto con una nuova tecnica adottata dagli scafisti, quella delle navi cargo come la BlueSkyM e l’Ezadeen, approdate nel sud Italia in questi giorni. Navi diverse ma con comuni tecniche organizzative messe in atto dai trafficanti di esseri umani: le navi mercantili usate, infatti, sono in entrambi i casi navi dismesse da anni che in passato trasportavano merce o bestiame, come nel caso dell’Ezadeen. Inoltre, per evitare ogni rischio di arresto, gli scafisti lasciano le navi ingovernate a pochi chilometri dalle coste, col rischio di farle finire sugli scogli. Le dimensioni di queste navi consentono la navigazione anche nei mesi invernali, con il mare grosso, e non più nei soli mesi estivi come succedeva in passato quando venivano utilizzate imbarcazioni di dimensioni inferiori. I salvataggi, così, diventano sempre più rischiosi per via delle intemperie, la temperatura dell’acqua e le condizioni di intervento limitate dalla difficoltà di salire su navi in movimento, senza comando. Non potendo più contare sul soccorso dei mezzi di Mare Nostrum, dunque, gli scafisti stanno cambiando strategie, utilizzando rozze navi mercantili in disuso o traghetti di linea, come ci viene riportato da anni dai migranti afghani con i quali entriamo in contatto durante le nostre attività e come emerso in questi giorni con i fatti della Norman Atlantic.
Il nostro punto di vista
Che sia un viaggio in piccole barche della speranza, in vecchi mercantili o nascosti in traghetti di linea, nessuno può negare ai titolari di protezione internazionale il diritto di scappare da scenari di conflitti internazionali, dittature e povertà. Dunque, piuttosto che spendere energie e investimenti in attività di coordinamento di progetti di sicurezza e salvaguardia dei confini di dubbia efficacia, i governi nazionali Europei dovrebbero iniziare ad affrontare il fenomeno in termini di apertura di canali legali per entrare in Europa garantendo ai richiedenti asilo mezzi di accesso sicuri o dando loro la possibilità di chiedere asilo nelle ambasciate straniere nei paesi di provenienza.