Ahmad è uno dei ragazzi afghani che abbiamo incontrato durante i nostri laboratori. Ci ha raccontato la sua odissea e come, tra mille difficoltà, sia riuscito ad arrivare in Italia. Un’esperienza che lo ha fatto crescere troppo in fretta, un viaggio che non è ancora terminato…
Quando i talebani sono entrati in Afghanistan la situazione nel mio paese è diventata difficile. Tutti i giorni minacciavano mio padre dicendogli che doveva lasciare la sua casa e le terre in cui lavorava. Mio padre ha così deciso di abbandonare tutto e assieme alla mia famiglia siamo scappati in Iran. Il nostro viaggio verso l’Iran è durato 20 giorni: durante il giorno dormivamo nei boschi o fuori dalla città, mentre la notte camminavamo. Arrivati al confine i trafficanti ci hanno caricati su un camion e così siamo entrati in Iran. Al confine l’autista guidava con molta attenzione perché c’erano le mine e rischiavamo di saltare in aria. Dopo 20 giorni siamo arrivati a Mashad, città che si trova nel nord-est dell’Iran e dove abita mio zio che ci ha ospitati. E’ cominciata così la nostra nuova vita: non avevamo i documenti e non potevo andare a scuola. Ho frequentato per 5 anni una scuola illegale che insegnava a leggere e scrivere ai ragazzi afghani.
Poi la mia famiglia non è riuscita a pagare la rata della scuola che quindi ho dovuto lasciare. Ho cominciato allora a cercare un lavoro perché in famiglia lavorava solo mio padre e non riusciva a guadagnare abbastanza. Per un anno ho lavorato come aiuto sarto, poi in Iran è uscita una legge che stabiliva l’obbligo, per gli afghani, di avere i documenti per lavorare. Per prendere i documenti erano necessari tanti soldi che noi non avevamo e quindi persi il lavoro. Quando ho capito che non avrei avuto un futuro in Iran, ho deciso di partire per l’Europa. Ho parlato con la mia famiglia e ho avuto il permesso per partire. Abbiamo parlato con un trafficante e mio padre ha pagato i soldi stabiliti. Dopo qualche giorno sono partito per Teheran con tre miei amici.
Quando siamo arrivati a Teheran un trafficante è venuto a prenderci e con la sua macchina siamo partiti per Urumie, al confine tra Iran e Turchia. Quando siamo arrivati a Urumie ci hanno portato in una stalla fuori città e siamo rimasti lì per tre giorni. La terza notte sono venuti a prenderci e siamo partiti per la Turchia. Con la macchina siamo andati fino ad una montagna e poi per passare la montagna abbiamo camminato per cinque ore fino al confine turco. Ci siamo nascosti tra gli alberi per qualche ora fino a quando i trafficanti sono venuti e ci hanno fatto salire su un furgone e ci hanno portato a Van. Il giorno seguente siamo patiti in autobus per Istanbul: avevo paura perché era la prima volta che stavamo soli senza i trafficanti.
Dopo 26 ore siamo arrivati a Istanbul e quando siamo scesi dall’autobus ero confuso e non sapevo cosa fare e dove andare perché mio padre aveva pagato solo fino ad Istanbul. Abbiamo dormito per strada per tre notti e dopo ho trovato il numero di telefono di un mio amico che tre mesi prima di me era venuto a Istanbul. L’ho chiamato e grazie a lui abbiamo conosciuto un signore afghano che ci ha portato a casa sua. Quando ha sentito la mia storia mi ha detto di rimanere nella sua casa finché ne avessi avuto bisogno. Dopo qualche giorno mi ha trovato un lavoro come sarto e così ho lavorato per quattro mesi, in modo da poter guadagnare qualcosa e pagare una parte dell’affitto. In quei mesi lavoravo tanto, quasi dieci ore al giorno, e il capo mi pagava per sette ore. Poi ho trovato un altro lavoro fino a quando ho deciso di andar via dalla Turchia con i miei amici.
Eravamo in sei, abbiamo comprato una mappa e dei vestiti e siamo partiti per Ederne, città al confine tra Turchia e Grecia. Ad Ederne ci siamo nascosti in un campo di girasoli poi durante la notte abbiamo cominciato a camminare verso il confine. Dopo qualche ora di cammino siamo arrivati ad un fiume, ma era troppo pericoloso attraversarlo e quindi abbiamo cercato un ponte per passare. Mentre camminavamo la polizia ci ha arrestati. Ci hanno portati in ufficio e il giorno dopo ci hanno fatto la foto-segnalazione e ci hanno portato in una casa famiglia. Siamo stati in quella casa famiglia per un mese e dopo siamo scappati e siamo tornati a Istanbul. Sono tornato dal signore che conoscevo e ho trovato un lavoro e dopo quattro mesi di lavoro ho guadagnato abbastanza per pagare un trafficante. Ha accettato 5.700 dollari per portarmi in Italia con la nave. Dopo una settimana il trafficante mi ha chiamato e mi ha detto che la sera stessa saremmo partiti. Era mezzanotte quando siamo saliti sulla nave e quando mi sono nascosto nella stiva ho visto circa 75 persone che come me volevano andare in Italia. C’erano molte famiglie con bambini piccoli. Sulla nave sono stato malissimo perché eravamo chiusi lì sotto e non c’era abbastanza ossigeno per respirare.
Dopo cinque giorni siamo arrivati in Italia. La polizia ci ha arrestati e ci ha portati in questura. Io non ho capito quello che è successo perché sono svenuto e dopo qualche ora mi sono risvegliato in una casa famiglia. Il giorno dopo, quando stavo meglio, ho cercato i miei amici e quando li ho trovati immediatamente siamo scappati. Parlando in inglese ho chiesto come si arrivava alla stazione. Ho fatto il biglietto per me e i miei amici e siamo andati prima a Catania e poi, dopo 12 ore, siamo arrivati a Roma. Quando ero in Turchia alcuni ragazzi mi avevano detto che a Roma c’è un parco che si chiama Piramide dove si trovano alcuni ragazzi afghani. Siamo quindi andati a Piramide dove ho conosciuto tanti ragazzi del mio paese. Ora sono a Roma da due settimane e la notte dormo in un centro per minori mentre durante il giorno sto per la strada.
Tante persone pensano che noi veniamo in Europa solo per guadagnare ma non sanno come è veramente la situazione nel nostro paese e in Iran. In Afghanistan non andiamo a scuola e viviamo nella paura. In Iran non possiamo ottenere i documenti e non abbiamo il rispetto degli altri. Ci picchiano per strada e la sera, se ci trovano da soli, ci derubano. Per avere una scheda del telefono che costa 2€ dobbiamo chiedere ad una persona iraniana di prenderla con i suoi documenti. Rischiamo la nostra vita per venire in Europa solo per avere un’identità; siamo stanchi di vivere senza identità e documenti. Vogliamo vivere come le persone normali, studiare e andare a scuola. Perché un ragazzo come me deve lasciare la sua famiglia rischiando la sua vita e viaggiando per paesi sconosciuti, dormendo per strada senza soldi e cibo, per arrivare in Europa? Io vorrei solo un’identità. Ho solo 16 anni, ma il lungo viaggio mi ha fatto crescere molto e ho visto tante cose che forse per molti è impossibile anche immaginare. Sono stanco di vivere così per strada con la paura. Desidero finire il mio viaggio da mio cugino in Germania e iniziare una vita normale. Mi manca molto la mia famiglia e non so quando tornerò da loro. Da quando sono partito non ho dormito una notte in tranquillità. Mi mancano i giorni in cui vivevamo in pace, spero che tornino presto.