Domenica scorsa ho partecipato al mio primo laboratorio con Binario 15 ed ho deciso di buttare giù le mie impressioni. Ma non è affatto semplice… per farlo dovrei forse sdoppiarmi in tante parti di me, ognuna con la propria sensazione, ed esprimerla a piè pari senza troppi fronzoli. C’è la Laura analitica, quella pesante, quella ignorante, quella responsabile, quella bambina… Dopo anni che mi affacciavo sul sito dell’associazione finalmente ho deciso di superare qualsiasi pregiudizio… verso me stessa. Sì, perché ad inibirmi erano sempre parole come “laboratorio ricreativo”, o “mediatore culturale” oppure semplicemente “minori”. Quale contributo a questi progetti potrei dare io, impiegata no profit, ingoiata da una vita frenetica e trafficata, condizionata irrimediabilmente da una cultura borghese che ci nasconde il tempo e le ore, investite in qualcosa che miri ad una sussistenza illusoria ed individualista?
Poi un giorno si rompe qualcosa nella mia routine e finalmente riesco ad inserire i miei dati sul sito, nella sezione “contatti” e appena una settimana dopo eccomi qui alla Villetta, ad assistere al primo laboratorio. E mentre aspetto che arrivino i ragazzi penso…. Ma che ci faccio qui? Io sono timida, non ho mai lavorato con i minori e soprattutto non ho mai fatto animazione. Non conosco giochi di gruppo, non conosco nessun’altra lingua se non la mia e il massimo della creatività che mi si può imputare sono quelle scatole di cartone che tappezzo a tempo perso con dei collage di dubbia bellezza… mentre le mie amiche si dilettano in collane e orecchini colorati di ogni sorta! Ah no che dico, ho fatto anche una sciarpa di lana. Vabbè ok, c’è qualche buico ma fa simpatia. E tiene caldo. Forse.
Beh, se non altro potrei curare la parte amministrativa. Andiamo, chi è che ama la contabilità? Un’associazione che offre delle attività ludico-ricreative sarà ricca di volontari pieni di idee ed entusiasmo da vendere, capaci di offrire a ragazzi un pomeriggio all’insegna di qualcosa a me sconosciuto. Ci mancherebbe che facciano a gara per curare la contabilità! Magari posso propormi. E dopo essermi proposta, appena due minuti dopo intendo, sono nel pieno del laboratorio. Perché la risposta è stata molto blanda e rassicurante, ma in realtà è come se mi avessero preso per un orecchio e mi avessero detto “ora tu superi i tuoi dannati limiti e assisti al laboratorio e stasera torni a casa felice”. Ecco questa forse era la Laura analitica: quella che per anni ha letto libri sull’Afghanistan, quella che si commuove davanti ad articoli di giornale o servizi che descrivono viaggi inimmaginabili di ragazzi costretti a lasciare la loro famiglia e che, per cambiare la loro vita, rischiano di perderla. Ma è la stessa Laura che conosce i suoi limiti e per quello ora si trova a fare un lavoro da scrivania, nel mondo no profit, è chiaro, ma da impiegata. A raccogliere i fondi. Perché… “andiamo, chi è che ama la contabilità?”. Ed è la stessa Laura che per anni si è affacciata sul sito di Binario 15 e si è bloccata di fronte ad alcune parole delle quali non si sentiva all’altezza.
La Laura analitica va a braccetto con quella pesante, che appunto pensa di non essere adatta. Ma ti pare che mi metto a partecipare a un laboratorio di cui non so niente, per offrire un pomeriggio interessante a dei ragazzi che fanno parte di una fascia d’età con la quale non saprei mai rapportarmi…. Con una cultura completamente diversa dalla mia e che potrebbero anche rimanere perplessi da alcuni aspetti della mia di impronta culturale che per molti versi è tutt’altro che lodevole? Evviva la contabilità! Almeno lì limito i danni…
Laura ignorante, tu che dici? Ah, io dico che se mi sono imbucata nel no profit passando per la raccolta fondi un motivo ci sarà. Per vantare umanità mica bisogna solo sentirsi toccati da certe tematiche al punto di decidere di dedicarci tutto il proprio percorso di studi e quello professionale… eh no cara mia, solo con le nozioni non si costruisce un bel niente! Bisogna prima di tutto restare umani nella vita di tutti i giorni.… e tu, cara Laura, quando l’ong dove lavoravi stava costruendo un ospedale a Kabul, eri in ufficio a raccogliere i fondi necessari per pagare i medici e gli infermieri. Protetta dallo schermo del tuo computer. Qualcuno dovrà pur farlo, no? Altrimenti chi porta avanti la baracca?
Ma la Laura ignorante fa anche altre considerazioni: mi hanno parlato di maschere di carnevale oggi, ma ti pare che un gruppo di adolescenti si presti a fare questo? Poi la Laura responsabile interviene zittendo le altre e mettendo da parte tutte queste scomode elucubrazioni, e poi esordisce: e basta, porcapaletta, ti sei presa un impegno, e ora fidati di ciò che ti viene detto.
Mi risveglio dal mio isolamento cerebrale (una sorta di riunione di condominio dove le varie Laure cercano di capire il da farsi) e mi ritrovo seduta a un tavolo con dei ragazzi che hanno già forbici e colla e che, con una solerzia inspiegabile, stanno finalizzando la loro maschera di carnevale… con una tale cura e attenzione che proprio non immaginavo. Scelgono con criterio i colori e le immagini dalle riviste, ritagliano ciò che gli occorre e si mettono all’opera. Che bello voglio fare anche io una maschera! Ah mi sa che è arrivata la Laura bambina… quella che si è messa a ritagliare e a incollare anche lei, e che tra gesti, inglese maccheronico e mimi riesce perfino a comunicare con quei ragazzi. Quella che è caduta per terra durane il gioco della sedia, quando la musica è finita. Quella che ha riso talmente tanto da non aver mai amato così tanto un mal di testa la sera quando, ritornando trentenne, ha sentito i postumi del suo pomeriggio da bambina.
Perché è di poco più che bambini che si tratta… Questi ragazzi diventati adulti troppo in fretta, dopo aver lasciato la loro famiglia per affrontare un viaggio rischioso e interminabile, sentendo fame, sete, sonno, angoscia, terrore, dolore… Sempre di ragazzi si tratta e in questo non c’è cultura o nazionalità che possa fare la differenza! I ragazzi hanno voglia di fare, di imparare, di giocare, di passare pomeriggi davvero sereni come quelli che si passano la domenica pomeriggio a Binario 15. Hanno voglia di prendere le forbici e cimentarsi in qualcosa di creativo come una maschera e dopo hanno voglia di indossarla. I ragazzi amano il cioccolato e quando arriva la merenda si animano giocosamente tra loro per accalappiarsi l’ultimo pezzo di crostata rimasto. Hanno voglia di giocare al memory e di barare per creare ilarità e una competizione che in realtà fa parte del gioco. Hanno voglia di indovinare ciò che il compagno sta mimando per guadagnarsi l’ovetto di cioccolato messo in palio per chi vince. Si fanno dispetti e si stuzzicano tra loro senza mai smettere di sorridere. Hanno voglia di cambiare gioco quando iniziano ad annoiarsi con quello precedente ma si prestano a fare qualsiasi altro intrattenimento gli si proponga. In quelle ore non sono più rifugiati o clandestini, non sono più appartenenti a un’ etnia specifica, non sono più reduci di viaggi più o meno travagliati e pericolosi. Sono semplicemente ragazzi.
E i miei dubbi?
No no quelli ci sono ancora! Me li tengo perché per ora non credo di aver offerto niente, tutt’al più sono loro che stanno dando a me la possibilità di staccarmi da questa routine così schematica eclissando la Laura pesante e indaffarata per far emergere qualcosa di molto più… molto più e basta. Ma mica si può spiegare tutto con le parole! Del resto anche i gesti, i mimi e le risate sono un ottimo mezzo di comunicazione, alla faccia dei dubbi frivoli e inconsistenti che mi hanno tenuta bloccata per anni prima di compilare un semplice form on line.
Beh, diciamo che se un giorno mi si chiederà di curare la contabilità ben venga… ma io intanto mi godo i laboratori! Perché sono gli unici che danno spazio a ciò che è davvero importante: “Stay Human, Restiamo Umani”, diceva un grande operatore umanitario.
di Laura Sansone