Anche quest’anno, grazie ai dati raccolti dai volontari e dai mediatori culturali, possiamo delineare il profilo dei partecipanti ai nostri laboratori e restituire a chi legge un’immagine il più possibile chiara del contesto in cui operiamo. Il focus si concentra in particolare sulla natura della presenza in Italia: quanti tra i giovani afghani vogliono vivere qui? Quanti intendono proseguire il loro viaggio? Quali sono le destinazioni desiderate?
Il secondo anno di laboratori dell’associazione Binario 15 ha visto l’arrivo di nuovi volontari e l’introduzione di nuove attività. Considerato che la rete di associazioni presente sul territorio è attiva soprattutto nei giorni feriali, l’associazione ha deciso di operare nei weekend. Il ritmo prosegue costante: ogni sabato e domenica pomeriggio ospitiamo i giovani afghani presso la Villetta di Garbatella, invitandoli a passare del tempo con noi, proponendo lezioni di lingua inglese “per il viaggio”, laboratori teatrali, artistici, ludici, ricreativi, cineforum.
La zona intorno alla Piramide si è ormai attestata come polo di aggregazione per i migranti che provengono dall’Afghanistan, di cui un’alta percentuale è composta da giovani maschi. Vale la pena ribadire che non si tratta di una migrazione di tipo economico ma di migranti in fuga dalla guerra, richiedenti asilo e rifugiati.
L’attenzione della nostra Associazione si focalizza in particolare sui ragazzi afghani in transito in Italia, sull’invisibilità della loro presenza e dei loro bisogni, sul fatto che spesso presentano problematiche e situazioni di emergenza a cui bisogna dare una risposta, a prescindere dall’identificazione e dalla regolarità della loro presenza in Italia.
Siamo convinti che fornire un quadro statistico del contesto in cui operiamo sia utile da due punti di vista: da una parte aggiorna chi già segue da tempo le nostre attività, restituendo l’immagine di una realtà associativa sempre più consolidata; dall’altra ci auguriamo possa avvicinare anche chi ancora ignora il fenomeno dei giovani migranti in transito aprendo uno spiraglio di conoscenza sulle loro vite, sulle loro storie, favorendo la comprensione di un fenomeno che si dimostra sempre più conclamato. I dati sono tratti dall’osservazione dell’affluenza ai laboratori nel periodo che va da marzo 2013 a marzo 2014. Riportiamo qui i dati che riteniamo più interessanti, con alcune riflessioni e approfondimenti.
I partecipanti
I ragazzi che si sono avvicinati alle nostre attività provengono tutti dall’Afghanistan. Il numero totale dei ragazzi che hanno partecipato ai laboratori dall’inizio delle attività, ovvero da aprile del 2012, è di circa 620, di cui 400 solo in quest’ultimo anno; il numero delle presenze ad ogni laboratorio è altamente variabile, e dipende dall’andamento degli arrivi e delle partenze: possiamo calcolare una media di 7 ragazzi ad ogni laboratorio. I differenti ragazzi che hanno usufruito delle nostre attività sono in tutto circa 300 (160 nell’ultimo anno). Questi numeri ci mostrano che, nonostante il turn over dei presenti ai laboratori sia abbastanza veloce trattandosi di migranti in transito, c’è una buona parte di presenze che rimangono costanti per alcuni mesi. Inoltre alcuni ragazzi che non abbiamo incontrato per diverso tempo si sono ripresentati a distanza di mesi o anni. In ogni caso, rispetto all’anno scorso abbiamo assistito ad un discreto incremento delle presenze, dovuto sicuramente al lavoro di aggregazione dei mediatori ma anche al passaparola tra i ragazzi.
Come già ricordato, la maggior parte dei giovani partecipanti è in transito: sono presenze temporanee, a Roma solo di passaggio, in attesa di poter ripartire verso altri paesi del nord Europa. Un dato interessante è quello sul periodo di permanenza in Italia di coloro che intendono proseguire il viaggio. Rispetto ai dati dello scorso anno, dai quali emergeva che il periodo di transito andava da 3 giorni ad 1 mese, nell’ultimo periodo notiamo una diminuzione nei giorni di permanenza: la maggior parte dei ragazzi rimane a Roma meno di una settimana, dopodiché riprende il viaggio cercando di attraversare le frontiere del Nord Italia.
L’età media dei partecipanti conferma la prevalenza di minorenni: ben il 65% è composto da minori, tra questi il 17.3% ha fino a 15 anni. La loro giovane età li colloca in una fascia ancora più vulnerabile, in quanto più esposta a rischio di disagio sociale e facile preda di trafficanti. Al tempo stesso, rappresenta il motivo principale della natura ludico-ricreativa dei laboratori di Binario 15: lo scopo è quello di regalare ai giovani in viaggio un momento di serenità e svago.
La destinazione
La destinazione più desiderata dai ragazzi secondo le dichiarazioni dei abbiamo conosciuto è la Svezia, seguita da Germania e Norvegia: emerge un dato molto simile alla nostra precedente indagine, che vedeva Svezia, Italia e Norvegia in cima alla lista.
Riportiamo qui, a titolo integrativo, alcuni grafici del Rapporto SPRAR 2013, che indicano i paesi europei che hanno ricevuto più domande di protezione internazionale nel periodo 2012-2013. Il grafico, elaborato su dati quantitativi, sembra pressochè confermare l’elenco delle destinazioni “preferite” dai richiedenti protezione a prescindere dalla loro nazionalità, genere, età.
La motivazione alla base di questo trend può essere identificata nella presenza, nei paesi a più alta ”desiderabilità” da parte dei richiedenti asilo, di un welfare più strutturato e inclusivo, di maggiori possibilità di inserimento lavorativo.
Il viaggio
La maggior parte dei partecipanti ai laboratori ha dichiarato di essere arrivato in Italia via mare, principalmente dalle frontiere di Ancona, Bari o in Calabria. Il percorso migratorio precedente all’arrivo in Italia attraversa i seguenti paesi: Afghanistan, Iran, Turchia, Grecia. Le traiettorie sono predefinite, nella maggior parte dei casi decise da intermediari, “passeur” e trafficanti che organizzano il viaggio in cambio di somme di denaro molto alte, spesso riformulate nelle varie tappe in base alla difficoltà di accesso ad un paese o territorio. Le ingenti somme pagate dai migranti non assicurano affatto l’incolumità: il viaggio avviene in totale irregolarità e in condizioni di pericolo per le vite dei ragazzi. Inoltre il progetto migratorio è esposto, dall’inizio alla fine, ad alti rischi di fallimento per motivi legati all’attraversamento delle frontiere, alla carenza di denaro, all’elevato livello di stress e al regolamento di Dublino, che determina il Paese di competenza per l’analisi della richiesta di protezione in base a dove avviene la prima identificazione, tramite un sistema internazionale di registrazione delle impronte digitali, che ovviamente non tiene conto della volontà del richiedente. E’ una legge che costringe molti richiedenti asilo a fermarsi in Italia o a farvi ritorno qualora siano riusciti ad arrivare alla destinazione desiderata.
Riportiamo qui un dato tratto dal Global Trends dell’UNHCR, che rivela come la maggior parte dei richiedenti asilo cosiddetti “dublinanti”, ovvero rientranti in Italia in base al “Regolamento Dublino” provengano prevalentemente da Norvegia, Grecia , Svezia, Germania e Paesi Bassi (fonte: UNHCR).
Le condizioni di vita in Italia
La situazione dei migranti afghani che approdano in Italia è altamente precaria, sia per coloro che vivono nell’invisibilità sperando di riuscire a raggiungere altri paesi, sia per coloro che, volontariamente o meno, intraprendono l’iter di protezione internazionale nel nostro paese. Il sistema di accoglienza è sempre ai limiti di saturazione e i posti a disposizione nelle varie strutture sul territorio romano non sono sufficienti. Abbiamo incontrato ragazzi che vivevano in strada o ospiti di amici e conoscenti. Solo una piccola parte era ospitata nei centri di accoglienza di Roma: soprattutto case famiglia per minori o centri di prima accoglienza per adulti. La percentuale più alta risulta ospitata presso il centro di accoglienza “A28”, specifico per minori in transito.
Una percentuale molto alta di migranti, come appare dal grafico, è quella che trova temporanea accoglienza presso la tensostruttura di via Odescalchi, nel territorio del Municipio XI, in zona Tor Marancia. Si tratta di un centro temporaneo di accoglienza gestito da una cooperativa sociale che può ospitare circa 150 persone. Si tratta però di un’ospitalità solo notturna, dalle 19 alle 9. La struttura è stata inaugurata nel 2012 dopo lo smantellamento dell’insediamento spontaneo nato presso la stazione Ostiense. Ricordiamo ancora una volta come una struttura precaria e temporanea, che garantisce standard minimi e soltanto per brevi periodi di permanenza, non possa rappresentare la soluzione ad un problema di ampia portata come quello dei migranti afghani in fuga dalla guerra che attraversano il nostro paese cercando di arrivare nei paesi dell’Europa del Nord.
Conclusioni
Il nostro proposito costante è quello di proporre interventi sempre più mirati e ritagliati sulle necessità reali delle persone che incontriamo, tenendo sempre in considerazione la progettualità di vita del migrante e mantenendo un approccio che mira all’indipendenza dei soggetti e non all’aiuto fine a se stesso. Nel complesso il feedback dei ragazzi è molto positivo: i laboratori rappresentano uno spazio di libertà, di espressione della propria creatività, di riposo dallo stress del viaggio. L’entusiasmo maggiore è per i laboratori di inglese: questo si spiega con la necessità che i ragazzi avvertono profondamente di acquisire strumenti che possano facilitare il proseguimento del viaggio. Noi forniamo loro un vocabolario base che li metta in condizione di affrontare le difficoltà comunicative con maggiore autonomia.
Molti di loro purtroppo non hanno avuto la possibilità di frequentare la scuola nel loro paese, e spesso hanno difficoltà a leggere e scrivere: una difficoltà che può trasformarsi in una barriera insormontabile nelle tappe del viaggio, soprattutto ove compare la necessità di acquisire informazioni importanti. La volontà che anima i nostri interventi è quella di dar vita ad uno spazio di accoglienza, di animazione, di aggregazione e di scambio che possa essere un concreto punto di riferimento per i migranti presenti sul territorio, fornire un antidoto alla sensazione di spaesamento che si prova all’arrivo in un paese nuovo, straniero, a volte ostile, in situazione di precarietà e irregolarità, e restituirgli coraggio e fiducia nel futuro. Il rischio infatti per chi vive quest’esperienza di fuga o migrazione è non solo la vita o la salute, ma anche la disillusione, lo scoraggiamento, la sensazione di non riuscire a realizzare i propri progetti, e di essere circondati da ostacoli e pericoli senza nessuno su cui poter fare affidamento.
Vogliamo specificare infine che l’Associazione adotta e promuove l’approccio della peer education, ovvero il coinvolgimento dei “pari” come strategia volta ad attivare un processo naturale di passaggio di conoscenze e di esperienze e la costruzione di una valida rete sociale di supporto: alcuni ragazzi afghani, giunti in Italia diversi anni fa, nel tempo hanno acquisito e sviluppato le competenze per diventare mediatori e operatori sociali ed ora sono attori indispensabili in ogni intervento. Il ruolo del mediatore culturale rimane centrale nelle nostre attività: una figura chiave per aprire le porte della comunicazione tra linguaggi e culture diverse.
Un ringraziamento speciale a Dawood Yousefi e Ahmad Khavari per il lavoro di raccolta dati svolto durante l’anno