La storia di un laboratorio speciale raccontata da Arianna, una delle socie fondatrici di Binario 15. Un’esperienza che difficilmente dimenticheremo e che sarebbe bello riproporre in occasione di altri eventi. Chi sarà il prossimo?
Essere una socia di Binario 15 fin dalla nascita dell’associazione mi ha regalato più volte la possibilità di vivere momenti importanti e incontrare persone speciali. Adesso voglio raccontare una storia che parla di incontri, di fantasia e creazioni, di vento e di libertà, e di un matrimonio appena celebrato… il mio! Per raccontarla bisogna andare un po’ indietro nel tempo. Quando nella mia testa ha cominciato ad affacciarsi il pensiero del matrimonio, le idee sull’organizzazione, le fasi, i dettagli erano ancora molto confuse; l’unica certezza che insieme al mio compagno ho avuto fin dall’inizio era la volontà di costruire un evento che ci rappresentasse e raccontasse in ogni particolare le nostre vite, le nostre scelte, la nostra visione del mondo. Ciò dal mio canto si è riflesso nel desiderio di coinvolgere in qualche modo l’associazione di cui faccio parte e i ragazzi afghani che vivono o transitano a Roma e frequentano i laboratori che Binario 15 realizza nella sede della Villetta a Garbatella nei pomeriggi del fine settimana. L’idea è arrivata quasi subito, complice di una necessità impellente: bisognava inviare al più presto le partecipazioni ai nostri invitati… perché non crearle insieme ai ragazzi dei laboratori? Soci e volontari hanno accolto con piacere la proposta, ora però bisognava trovare un disegno, un simbolo. L’aquilone è un simbolo che mi piace da sempre, mi riporta indietro nel tempo alle corse sulla spiaggia di quando ero bambina, sa di vento e libertà, è una macchia di colore che ci collega al cielo con un filo e ci regala il sogno del volo… ed è un simbolo importante per i ragazzi afghani.
Da quando anni fa, agli inizi come insegnante di italiano per stranieri, ho incontrato per la prima volta i ragazzi afghani ed ho cominciato a conoscere la loro cultura, quella dell’aquilone è stata un’immagine ricorrente.
La gara o “caccia” con gli aquiloni è un gioco molto amato in Afghanistan, ed è un’usanza molto antica; da secoli si festeggia tradizionalmente la fine del gelido inverno e l’arrivo delle belle giornate di primavera con un gioco che coinvolge adulti e bambini in una spettacolare competizione in cui vince chi riesce a far volare il proprio aquilone più a lungo e a battere gli aquiloni avversari. Una particolarissima tradizione che è stata immortalata e resa famosa dal romanzo di Khaled Hosseini, “Il cacciatore di aquiloni”, in cui la gara viene raccontata attraverso le parole del protagonista Amir: “Quando la neve si scioglieva e iniziavano le piogge primaverili, ogni bambino e ragazzo di Kabul poteva esibire sulle dita una serie di tagli orizzontali, stigmate dei combattenti con gli aquiloni… il primo giorno di scuola ci radunavamo per confrontare le nostre eroiche ferite”. Durante il periodo del regime talebano in molte zone del paese il gioco degli aquiloni venne vietato, e quel tradizionale festeggiamento divenne un po’ il simbolo dei diritti negati, del rifiuto dell’oppressione. Oggi gli aquiloni sono tornati a volare, e il venerdì, giorno di festività musulmana, il cielo di Kabul si riempie di colori.. noi speriamo che sempre di più insieme agli aquiloni voli la speranza di un futuro migliore per il paese da cui provengono i nostri amici.
Mi è tornata in mente una giornata trascorsa sul lungomare di Ostia, con i ragazzi afghani riuniti dalla Comunità di Sant’Egidio per un “workshop” di aquiloni, e l’immagine del tramonto rosa sul mare con i rombi colorati che volavano tra le nuvole.. e poi ancora, qualche mese prima, durante i laboratori ri-creativi, guidati dai creativissimi volontari di Binario 15, alcuni dei ragazzi avevano costruito piccoli aquiloni decorativi e segnalibro molto carini.. ma sì, è l’idea giusta: un biglietto-aquilone! Ed eccoci qui, in un sonnolento pomeriggio domenicale a raccontare la nostra storia ai ragazzi afghani, mediatori e utenti, un po’ timorosi che la proposta di un laboratorio di creazione biglietti risultasse noiosa rispetto all’invito più accattivante del sole che splendeva fuori dalla Villetta… ma dopo un istante i ragazzi avevano già forbici e colla in mano. Quello che non ci aspettavamo era che la situazione prendesse il via in maniera così spontanea e immediata: i pomeriggi di laboratori dedicati a quelli che abbiamo ribattezzato “partecipAquiloni” sono stati un’ondata di sorprese ed emozioni. Ad ogni appuntamento ci accoglievano sorrisi ed entusiasmo, e non servivano troppe premesse o indicazioni, i ragazzi si sono buttati nell’attività proposta con creatività, reinventando e rielaborando la nostra idea in modi sempre più originali. Perché non decorare una faccia dell’aquilone con dei ritagli di carta colorata? E perché non utilizzare ritagli di carta da regalo e foto di giornali selezionando le immagini più particolari? Accompagnati dalla musica afghana abbiamo dato il via ad una gara all’aquilone più bello…
La piccola stanza dei laboratori si apriva sempre di più al vento e ai racconti, e intanto cominciava ad annunciarsi l’estate. I pomeriggi passavano davvero in fretta, intervallati da una animatissima partita di ping pong, o da una merenda biscotti-e-frutta da consumare in cerchio, ridendo e mescolando parole e lingue diverse.. e l’atmosfera di musica e relax ci faceva sentire leggeri, lontani per qualche momento dalle quotidiane situazioni di necessità, di precarietà, di mancanze. Poi c’era chi raccontava dei matrimoni al suo villaggio, che durano ben tre giorni, e tutti, ma veramente tutti sono invitati, e si va festeggia giorno e notte… e via, ascoltiamo una canzone d’amore struggente trovata dai ragazzi su YouTube. Approfittando del momento romantico ho chiesto ad uno di loro se pensava ogni tanto al matrimonio e lui sì che ci pensava, una festa grande, ma al suo paese, tra la sua gente, ma è un’idea tanto lontana adesso che è qui a Roma, tappa intermedia di un percorso che lo porterà sempre più distante dal punto di partenza. Le mani che creavano gli aquiloni ogni pomeriggio erano diverse… ormai lo sappiamo: i ragazzi afghani che frequentano i laboratori sono spesso di passaggio e restano con noi solo pochi giorni, settimane, il tempo di tirare un respiro, riposare un po’ e rifocillarsi grazie all’accoglienza di qualche associazione o comunità per poi continuare il loro viaggio che quasi sempre li porta verso il Nord Europa. Viaggiatori invisibili e silenziosi di cui è facile non accorgersi.. e proprio per questo tanto più vulnerabili.
Ad ogni incontro ci stupiva la grande naturalezza con cui i ragazzi, spesso appena approdati a Roma, ancora spaesati e stanchissimi, accoglievano l’attività proposta al laboratorio, come se per tutti loro trovarsi dall’altra parte del mondo, in una città straniera, a ritagliare inviti per il matrimonio di persone mai incontrate prima fosse la cosa più normale del mondo. Abbiamo colto anche l’importanza che ha per loro l’idea del matrimonio e della creazione di una famiglia più in generale, e non è difficile immaginare quanto spessore assumano i legami familiari nella lontananza del viaggio. Alla fine dell’ultimo dei nostri incontri i ragazzi hanno voluto salutarci in un modo speciale, e tutti in piedi, in cerchio, tenendoci le mani, ci siamo scambiati pensieri e parole in lingue diverse, rese complici e comprensibili grazie all’aiuto dei mediatori. Dapprima è toccato a noi augurare buon viaggio a chi stava per ripartire, ma poi gli stessi auguri sono tornati a noi, perché “anche il matrimonio è un viaggio che vi porterà lontano, e richiede impegno e fortuna”. E ancora a voi, ragazzi, auguri di una buona vita, e di riuscire a realizzare i vostri sogni. Quando poi, al nostro matrimonio, amici e parenti ci hanno chiesto come e da chi erano state creati i biglietti che abbiamo spedito, è stato inevitabile ripensare ai volti e alle parole dei ragazzi che avevamo conosciuto, dove saranno adesso? E’ strano trovarsi insieme per una manciata di ore a condividere pensieri così importanti e definitivi, come il futuro, le scelte di vita, e poi salutarsi senza la certezza e il conforto di poter dire “arrivederci”.
Quello che rimane è la consapevolezza di aver condiviso un pezzo di vita, di esserci fatti compagnia in una fase importante del loro viaggio, quella in cui ci si ferma dopo il primo grande passo, dopo aver attraversato i paesi più ostili e il mare, si prende fiato e si raccolgono le forze. Un momento in cui lo slancio iniziale, che sia di paura o di speranza, viene a indebolirsi, e ci si sente lontani sia dalla partenza che dalla meta. E’ per questo che speriamo di poter trovare modi sempre nuovi per ridare energia e speranza ai ragazzi che incontriamo lungo il “binario 15”.
Ora lasciamo alle immagini il compito di raccontare qualcosa in più.