La storia di Francesca, una volontaria di Binario 15 che ha parlato della sua esperienza con i ragazzi afghani sul blog di Romaltruista
Tutto è iniziato nel giugno del 2012 grazie alla mia passione per la cucina mediorientale. Un invito a una cena con menù afghano: irresistibile! Nemmeno lontano da casa, e in uno dei quartieri più belli (secondo me) di Roma Sud, la Garbatella. La cena è stata fantastica: cibo meraviglioso, ambiente ideale ma soprattutto delle belle persone. I volontari che hanno presentato le attività di Binario 15, descrivendo con parole semplici ma vere, prive di retorica, tutto quello che fanno per gli utenti dell’associazione, i ragazzi afghani che arrivano in Europa per richiedere asilo politico. Ma soprattutto i racconti dei mediatori culturali afghani, primo fra tutti quello che ormai considero un amico, Dawood. Lui che con serenità e calore ci descrive il viaggio che questi giovani, a volte bambini, intraprendono da soli muovendosi per terra e per mare spesso in compagnia di sconosciuti. Ci indica l’itinerario più comune su una cartina geografica fatta a mano su un cartoncino giallo. Mentre parla mi ritrovo a pensare ‘come ho visto in quel film, qualche mese fa’. Sì, sono le storie che si leggono sui giornali, che si vedono al cinema o in TV, che ci commuovono quando siamo di fronte a uno schermo e che spesso fingiamo di non vedere nella vita reale.
E quando ho sentito che Binario 15 organizza per loro dei corsi di inglese, per permettergli di muoversi con un minimo di autonomia per le strade d’Europa, d’impeto sono andata da Lorena, presidente dell’associazione, e le ho lasciato la mia mail, offrendomi di collaborare. Alla prima lezione, poche settimane dopo, ero piuttosto emozionata: l’idea di trovarmi a lavorare con ragazzi che hanno alle spalle un passato difficile e stanno vivendo un presente a volte non molto più roseo (dal mio punto di vista) mi metteva in difficoltà, anzi no, diciamo la verità, mi faceva paura. Poi, quando mi sono ritrovata di fronte quei sorrisi smaglianti, quegli occhi nerissimi e luminosi, quell’entusiasmo, quella voglia di ridere, di imparare e di divertirsi, ho capito quanto ci può condizionare la paura, nella vita. Quanto ci può inibire, impedendoci di vivere esperienze meravigliose.
Ogni lezione del sabato pomeriggio è una storia a sé: non sappiamo mai quanti ragazzi parteciperanno, né che livello di inglese hanno. Ma basta tenere gli occhi ben aperti e, con un po’ di flessibilità, si trova subito il punto. Insegno lingue da trent’anni e l’ho fatto in lezioni e scuole private, alle superiori, in banche e aziende, all’università. Ma -non me ne vogliano i miei ex allievi se mi leggono- non mi sono mai divertita tanto: i ragazzi fanno di tutto per imparare, per capire, grazie al prezioso aiuto dei mediatori linguistici. A volte sono stanchi, magari sono approdati a Roma da pochi giorni, magari sanno che domani devono riprendere il viaggio: ma hanno ben chiaro che tutto quello che imparano li aiuterà a vivere meglio. Non è quello che ogni insegnante vorrebbe far capire ai suoi allievi?
Il momento che mi piace di più, però, è quello della merenda: lì ci si rilassa, si chiacchiera un po’, si mangia insieme qualcosa. E ci si prepara alla seconda parte della lezione, quella dedicata alle attività ludiche. Tempo fa ho avuto l’idea di portare il memory con le opere d’arte: un successone! I ragazzi non volevano smettere, ridevano mentre giocavano concentratissimi e accumulavano le cartine che avevano vinto. Io non ho osato giocare: erano troppo bravi, mi avrebbero stracciata! E alla fine, i saluti: nessuno di loro dimentica mai di venire a dire Thank you! Vorrei tanto imparare un po’ della loro lingua per poter dire a tutti, ogni volta, che in realtà sono loro a dare tanto a me. Perché mi mostrano ogni volta un pezzetto di vita che non conosco e me ne rendono partecipe. Senza retorica: dai ragazzi afghani e dai volontari di Binari 15 ho imparato qualcosa di fondamentale. Che la vita è scambio. Di conoscenza, di esperienza, di affetto, di tempo, di passione. Chi non conosce lo scambio, si perde qualcosa di grande.
Francesca – Ho 56 anni, sono vissuta molti anni all’estero e lavoro da sempre nel settore della linguistica. Mi fanno paura le porte chiuse, le finestre blindate e chi ci fa credere che la vita vera si impara davanti alla TV. La vita vera, secondo me, ce la insegnano gli altri.